LA STORIA
La località di Poggio Galmino, in provincia di Forlì-Cesena (regione Emilia Romagna), si colloca in un’area di grande suggestione ambientale e di profonde tradizioni storiche.
 
Il paesaggio collinare tra Romagna e Toscana, dominato da dolci rilievi che talvolta diventano più aspri e scoscesi, si unisce a molte tracce del suo millenario passato, dalla preistoria al medioevo e oltre. Il villaggio, costituito da piccole e antiche case di pietra, conserva il suo aspetto originario e un’atmosfera fuori dal tempo. Non lontano, presso Galeata, la città romana di Mevaniola, in parte scavata, documenta la presenza di un piccolo significativo centro urbano, mentre i resti della villa di Teodorico, il re dei Goti nella vicina Ravenna, ricordano la presenza di una sontuosa residenza forse di caccia del sovrano. E molti altri centri vicini, come Santa Sofia, hanno case ed edifici medievali e rinascimentali, collocati lungo un antichissimo percorso, la via dei Romei, che conduceva i pellegrini, sin dal medioevo, verso Roma e i luoghi della devozione cristiana.
Poco lontano la Torre Bonini, conosciuta anche come Torre di Poggio Galmino, èl’unico edificio conservato di un castello ricordato dalle fonti scritte a partire dall’XI secolo. Nel 1070 Manfredo, presbitero e abate di Sant’Ellero di Galeata, concede a Uberto, arcivescovo di Ravenna, il castello chiamato Veclum con la corte, il monastero e le case. Il 2 luglio 1670 la torre viene concessa al conte Alessandro Bonini, con l’obbligo di consegnare annualmente all’abbazia di Sant’Ellero una libbra di cera bianca e lavorata. La torre viene probabilmente abbandonata nel corso del XVIII secolo.
La torre si trova sulla sommità di un poggio (663 m slm), a 450 m circa (in direzione Nord-Est) dalla località Poggio Galmino (571 m slm), nel comune di Galeata. Dal poggio è possibile osservare buona parte del territorio sottostante: un tratto della strada che da Civitella di Romagna conduce alla torre e prosegue per Santa Sofia, il centro abitato di Galeata e le valli scavate dai torrenti. Dell’antico insediamento sono attualmente visibili solo due corpi di fabbrica: la torre e una struttura poco distante interpretabile come cisterna interrata. La torre presenta una pianta quadrata (5x5 m). Il coronamento non si è conservato e attualmente la struttura raggiunge un’altezza di circa 6 metri.
La torre è costruita interamente in pietra e l’attuale ingresso alla torre presenta un arco molto ribassato costruito con blocchetti di piccole dimensioni. La costruzione dell’edificio è attribuibile a operai specializzati (sbozzatori) coadiuvati da semplici muratori. Non contano i resti della chiesa di San Giacomo in Meleto (di cui si ha notizia del 1091) conserva memoria della devozione dei pochi “focolari” sparsi fra i monti della zona.
Lungo la plurisecolare mulattiera, parte del tracciato dell'antica "via dei Romei", si cela un altro monumento "d'epoca romana" di Poggio Galmino. Un'antichissima sorgente d'acqua, che si trova a pochi metri sotto Poggio Galmino, con una conca a terra come vasca. La fonte è ancora oggi attiva anche se non viene più utilizzata come un tempo, almeno fino agli anni 60 del secolo scorso quando Poggio Galmino contava ancora qualche residente vero e non vacanzieri come oggi. Tutto il paese veniva qui a prendere l'acqua e se ne serviva per abbeverare le bestie, lavare i panni e per tutti gli usi domestici. Solo la necessità d'acqua può far si che un piccolo luogo eclissato in mezzo al bosco abbia continuato ad esercitare nei secoli tale forza accentratrice anche quando Poggio Galmino abbandonò nobili casati e divenne un villaggio di contadini. L'acqua della fonte sgorga dalle rocce e quando le piogge sono abbondanti tracima nella conca sottostante riempiendo la vasca che serve da abbeveratoio per gli animali. Fino a qualche anno fa le colline circostanti brulicavano di mucche, oggi gli unici animali rimasti sono i cinghiali, ce ne sono tracce dappertutto.